L’evoluzione di Pegida: dietro l’annullamento della marcia la nascita di un vero movimento politico

Autore: - Sezione: Politica
L’evoluzione di Pegida: dietro l’annullamento della marcia la nascita di un vero movimento politico

(Articolo di archivio pubblicato su Huffingtonpost.it il 20/01/2015) – Pegida non scende in piazza. Il movimento patriottico tedesco, che da ottobre ha portato a manifestare ogni settimana migliaia di persone, ha deciso per questa volta di annullare la sua ormai tradizionale “passeggiata del lunedì”. Il motivo è l’alto rischio di attentati di cui i manifestanti potrebbero essere vittime.

Ad annunciare l’annullamento del corteo, previsto per lunedì 19 gennaio sera a Dresda, sono stati gli organizzatori Lutz Bachmann e Kathrin Oertel durante la loro prima conferenza stampa ufficiale. Essi hanno spiegato che, avendo saputo dalla polizia che la manifestazione sarebbe stata ad alto rischio di attentati, hanno voluto proteggere i propri sostenitori evitando di farli scendere in strada. Si tratta, a loro detta, di una decisione dolorosa ma necessaria per denunciare il pesante clima di intimidazione e di censura di cui Pegida è vittima, ma non è un passo indietro. Per mostrare di non voler cedere hanno anzi indetto un’altra grande “passeggiata” serale per mercoledì sera a Lipsia. Bachmann ha poi concluso invitando tutti i patrioti europei a mantenere la calma e a fare fronte comune contro la violenza dei propri avversari.

Che Pegida di nemici ne avesse diversi è evidente ormai da tempo. Nelle scorse settimane le sue “passeggiate” sono state accompagnate in diverse occasioni da contromanifestazioni antifasciste ma soprattutto da prese di posizioni forti da una parte delle istituzioni. Emblematica è stata la protesta inscenata dalla Chiesa di Colonia che al passaggio dei manifestanti in centro città ha fatto spegnere le luci del duomo in segno di disprezzo, o quella del comune di Berlino che ha a sua volta fatto oscurare la Porta di Brandeburgo. Decisioni che, seppur estreme, non dovevano portare a nessun rischio per l’incolumità fisica degli attivisti di Pegida, minaccia che è invece stata considerata reale dalla polizia di Dresda: secondo le forze dell’ordine la possibilità di aggressioni e attentati sarebbe reale e proverrebbe sia dall’estrema sinistra tedesca che da alcuni movimenti radicali islamici. Se la prima non hanno mai fatto mistero di voler boicottare le “passeggiate”, per quanto riguarda le seconde il clima è diventato più teso dopo gli attentati parigini. Cosa che però non aveva fermato Bachmann e i suoi, che lo scorso lunedì erano scesi in piazza addirittura in 35.000. La domanda che dunque sorge spontanea è la seguente: perché a distanza di una settimana dai fatti di Parigi Pegida scendeva massicciamente in strada sprezzante del pericolo mentre oggi decide di non farlo?

La risposta sta certamente nei motivi di ordine pubblico (peraltro già concreti anche la scorsa settimana) ma non solo. Per capire questa decisione è necessario esaminare il percorso di politicizzazione e istituzionalizzazione del movimento. Nato come fenomeno patriottico spontaneo e multiforme, Pegida ha visto una crescita numerica così rapida da doversi dare in breve tempo un’organizzazione, un programma e a doversi confrontare con le pressioni politiche e dei media nazionali e internazionali. Infatti è ormai da diversi mesi che la stampa e l’opinione pubblica seguono con maggiore interesse ed intensità le sue iniziative rispetto a quelle di ogni partito tedesco, conferendogli indirettamente una funzione politica e comunicativa di primo piano, che ha permesso ai suoi organizzatori di ampliare il proprio arco di tematiche trattate: se in un primo momento essi si limitavano a denunciare il rischio di islamizzazione dell’Europa, col tempo hanno esteso le proprie denunce a fattispecie più mirate e trasversali, come la mancanza di libertà di espressione. Non è un caso che, annunciando l’annullamento della manifestazione di lunedì 19 gennaio, Bachmann e la Oertel non abbiamo banalmente puntato il dito contro l’Islam, bensì contro la minaccia alla libertà di opinione e non è un caso neanche che la maggiore sofisticatezza di queste denunce ottenga il consenso non solo dell’elettorato reazionario e conservatore, ma anche di importanti fette di popolazione storicamente sostenitrici della Linke.

In questi termini la disdetta della manifestazione di lunedì 19 gennaio non risulta essere un passo indietro, ma una precisa mossa politica che punta a mantenere accesi i riflettori su se stessi per ottenere un sostegno popolare sempre più ampio e trasversale. Non dunque una fuga dalla minaccia del terrorismo – il rischio di attentati esisteva anche settimana scorsa eppure ciò non impedì a molte persone di riversarsi in strada – ma un attacco sottile allo status quo tedesco ed europeo, ponendosi come punto di riferimento trasversale per chiunque non si riconosca più nei partiti tradizionali. Perché se e è vero che è facile accusare un movimento anti-islamico, più sconveniente è attaccare chi si pone come difensore della libertà di espressione. Scendere in piazza può dare risultati, ma evitare di farlo, a volte, può essere ancora più incisivo.