“L’Occidente accetta ogni giorno di più comportamenti antisemiti”. Intervista a Gadi Taub
Il modus operandi è tristemente già noto, ricorda quello dell’attentatore di Christchurch, a cui sembrerebbe essersi ispirato. A Halle, profondo Est della Germania, un giovane neonazista di 27 anni, ha aperto il fuoco nei pressi della locale sinagoga e ha ucciso due persone. Vestito in tuta militare, armato fino ai denti, quando lo ha arrestato la polizia gli ha trovato addosso una telecamera GoPro con cui ha filmato la strage.
Le autorità di pubblica sicurezza hanno tentato invano di scongiurare pubblicazione del video per evitare emulazioni. Una misura che secondo Gadi Taub, storico israeliano e commentatore di Haaretz nonché docente presso l’università ebraica di Gerusalemme, sarebbe stata importante. “È fondamentale che le autorità impediscano la circolazione di tale materiale che può fungere da propaganda per altri potenziali attentatori” spiega all’Huffpost, “prima ancora di ciò è necessario che l’intelligence monitori attentamente le potenziali cellule terroristiche e i lupi solitari, controlli i la loro messaggistica su internet e li anticipi prima che entrino in azione”. A quanto risulta l’attentatore era sconosciuto alle forze dell’ordine.
Secondo Taub questo episodio si inserisce in una crescita generale in Occidente di una accettazione di comportamenti antisemiti che, dice, “sta rendendo impossibile la vita degli ebrei in Europa”. Una cultura antisemita che “non è un problema solo tedesco, ma che colpisce tutto l’Occidente, dalla Francia alla Norvegia agli Stati Uniti. In Israele stiamo riscontrando un alto numero di ebrei europei che vengono da noi per imparare l’ebraico per poi trasferirsi da noi in pianta stabile perché nei Paesi in cui vivono non vedono futuro”.
La presenza dei neonazisti viene letta da Taub come una delle tante minacce per la vita ebraica in Europa. Oltre all’estrema destra a generare le maggiori insidie è una crescente assuefazione a comportamenti antisemiti ed una sempre maggiore accettazione sociale dei comportamenti anti-ebraici. “In Germania lo può ben vedere, in alcune manifestazione pubbliche a Dortmund, Essen e nel quartiere berlinese di Neukoelln è stata apertamente invocata la morte agli ebrei”.
Questi episodi hanno contribuito a dare nuovamente vigore al dibattito sull’antisemitismo in Germania che negli ultimi mesi ha occupato massicciamente la stampa e la politica. La discussione si è riaccesa da quando negli ultimi anni le strade tedesche si sono riempite con costanza di manifestazioni anti-israeliane. A Berlino in modo particolare si tiene ormai tutti gli anni una grossa dimostrazione per la giornata di Al Quds che chiede la fine dell’occupazione e la liberazione della Palestina. Si tratta di marce oceaniche, accompagnate dalle contromanifestazioni delle comunità ebraiche, che hanno visto i propri numeri crescere a dismisura con l’afflusso dei rifugiati a partire dal 2015 e che hanno visto esporre bandiere di Hamas e di Hezbollah, poi vietate dalle autorità.
Un salto di qualità nelle preoccupazioni degli ebrei tedeschi è avvenuto nel gennaio di quest’anno quando Felix Klein, portavoce della commissione del governo tedesco sull’antisemitismo, ha detto pubblicamente di “non potere invitare gli ebrei ad indossare la kippah” in tutte le zone del Paese, sostenendo che si stia diffondendo un’atmosfera che mette sotto scacco la cultura del ricordo e sottolineando come vi sia una grande incertezza da parte delle autorità e degli agenti su come trattare la materia dell’antisemitismo.
Anche per reazione a questa situazione lo scorso giugno il Bundestag ha approvato una legge – votata dalla Unione, dalla Spd, dai liberali e da una parte dei Verdi – che vieta il finanziamento e il supporto pubblico al BDS, l’organizzazione che boicotta i prodotti israeliani. Allo stesso tempo una mozione della destra populista di Alternative fuer Deutschland ha chiesto senza successo di dichiarare Hezbollah un’organizzazione terroristica.
Molti commentatori tedeschi vedono nella destra politica la responsabile di questo fenomeno. Il dito è stato puntato anche contro i gruppi neonazisti, già responsabili in passato di attacchi ed attentati contro persone e luoghi ebraici, ma non solo. Un caso eclatante fu quello della NSU, una cellula terroristica composta da tre persone provenienti dai movimenti extraparlamentari di destra che negli anni novanta e duemila generò terrore in tutto il Paese compiendo una serie di attentati mortali contro immigrati e poliziotti. Rispetto a questo tipo di fenomeno, però, sta venendo dedicata maggiore attenzione alla destra radicale presente in parlamento, quella di Alternative fuer Deutschland (Afd). Che, secondo molti commentatori, starebbe veicolando nel Paese un clima di odio e di sospetto nei confronti delle minoranze, a partire da quella ebraica, che funge da brodo ci cultura per i terroristi.
Il riferimento è soprattutto a Bjoern Hoecke, leader della sua corrente più radicale ed emergente di Afd, che in un discorso pubblico ha parlato della necessità di un “cambio di 180 gradi nella cultura del ricordo” sostenendo che sia inammissibile che la Germania sia l’unico Paese al mondo “ad essersi piantato un monumento alla propria vergogna nel cuore della capitale” in riferimento al memoriale per l’Olocausto di Berlino. L’obiettivo di questo discorso è quello di svincolare i tedeschi dalla “cultura della colpa” su cui si fonda la nuova identità della Germania democratica. Hoecke è oggi candidato governatore nel Land della Turingia, adiacente a Halle, dove ci si aspetta farà il pieno di voti diventando la seconda forza regionale.
Neonazismo, revisionismo storico, islamismo radicale. Un mix che secondo Taub rende oscuro il futuro della vita ebraica in Europa dove i neonazisti sono uno dei sintomi di un problema più ampio che è di natura innanzitutto culturale.