Rileggere Havel per capire il falso conflitto tra popolo ed élite

Autore: - Sezione: Politica
Rileggere Havel per capire il falso conflitto tra popolo ed élite

Una bufala s’aggira per la rete, e da lì rimbalza nei dibattiti più o meno dotti a cui si applicano notisti politici e politologi, chierici e laici, sociologi e intellettuali vari: lo scontro tra élite e popolo. Una bufala indotta da chi, in nome del popolo, ben si guarda dall’identificarsi con la nuova élite, pur muovendosi con la stessa logica di quella vecchia sia in termini di occupazione del potere (leggi nomine) sia nel tentativo di determinare i diversi parametri di una nuova egemonia culturale, anche se con modalità ritenute rozze dagli apparentemente più raffinati cultori della supposta superiorità morale e culturale della sinistra che fu. Lo sdoganamento della libertà di rutto nel dibattito pubblico e dell’uso della definizione di “radical chic” come un insulto non è diverso dall’apostrofare come “fascista” chiunque dissentisse da una certa ortodossia di cui molti si sono sentiti per molto tempo sacerdoti.

Ultimo atto di accreditamento di questa tesi che contrappone popolo a élite è stato il Festival (nazional-popolare?) di Sanremo. Ecco la sentenza di Luigi Di Maio: “Ringrazio Sanremo perché quest’anno ha fatto conoscere a milioni di italiani la distanza abissale che c’è tra popolo ed élite. Tra le sensibilità dei cittadini comuni e quelle dei radical chic. Per l’anno prossimo, magari, il vincitore si potrebbe far scegliere solo col televoto, visto che agli italiani costa cinquantuno centesimi facciamolo contare”. Bene, anzi, male. Perché quella tra popolo ed élite è un’alternativa falsa, menzognera e fuorviante; errata nei suoi presupposti, che identificano il popolo con il televoto e le preferenze online, con i like e l’audience, riducendolo a un agglomerato quantitativo mosso solo da interessi, un utilitarismo che ben si evidenzia nel continuo richiamo monetario dei leader grillini: il voto del teleutente non ha valore perché è libera espressione del pensiero, ma perché gli costa cinquantuno centesimi.

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